La Cina Ostacolerà il Bitcoin?

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October 15th, 2018
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Secondo un documento di ricerca pubblicato di recente, la Cina è in grado di ostacolare o addirittura distruggere il Bitcoin.

Bitcoin promuove trasferimenti inter pares (peer-to-peer) in modo sicuro e veloce, con la tecnologia blockchain che utilizza una rete distribuita convalidata dai minatori. Il protocollo è pensato per essere decentralizzato e, come tale, incontrollabile da parte delle autorità.

È qui che entra in gioco la Cina. Nel corso degli ultimi anni le società cinesi hanno preso l'abitudine di monetizzare i miglioramenti nella progettazione dei chip implementando i chip ASIC per l'estrazione.

Vale a dire, gli Asic sono prodotti prevalentemente in Cina, con il produttore leader, BitMain, che dichiara di aver prodotto il 70% dei chip utilizzati a livello mondiale nel 2017.

Controllo Illimitato

Le società cinesi possiedono le più grandi società di estrazione, con il totale dei loro minatori che si trova vicino ad uno sbalorditivo hashrate del 74% del network Bitcoin. In aggiunta le più grandi borse del mondo vengono altresì gestite da società cinesi, la maggior parte delle quali è stata trasferita dopo l'introduzione del divieto di trading nel 2017.

"Le mining pool gestite da privati in Cina hanno costituito oltre la metà della potenza di hash totale del network dal 2015", si legge nel documento. "A partire dal mese di giugno 2018, oltre l'80% delle attività di estrazione di Bitcoin viene eseguito da sei mining pool e cinque di queste (...) vengono gestite da individui o organizzazioni situate in Cina".

Le imprese responsabili delle attività di estrazione non sono controllate direttamente dallo stato, ma ... il governo cinese controlla ancora l'attività finanziaria ed economica del paese.

I minatori non vengono controllati dalla Cina, ma i gestori si trovano lì, il che significa che sono soggetti alle autorità locali. Poiché i manager assegnano lavori di estrazione, hanno il controllo degli input/output dei minatori, il che significa che anche questi vengono controllati indirettamente dalle autorità cinesi. La Cina ha il controllo più diretto sull'hashrate rispetto a qualsiasi altro paese (la quantità esatta è sconosciuta).

Incentivi Governativi per i Minatori

L'ascesa dell'estrazione mineraria cinese è stata inizialmente incoraggiata dallo stato. Ad esempio i governi provinciali hanno offerto incentivi fiscali e sconti sull'energia e sulla terra. La prassi si è conclusa all'inizio del 2018 quando le autorità locali di regolamentazione sono state indirizzate verso la cessazione del programma di trattamento preferenziale ed a ridurre l'estrazione di Bitcoin regolamantando l'utilizzo di energia, le tasse, l'utilizzo del suolo e la protezione ambientale.

Per illustrare meglio, nel mese di aprile 2018 la polizia di Tianjin ha confiscato 600 computer utilizzati per estrarre Bitcoin dopo che l'operatore della rete elettrica aveva segnalato "un consumo di elettricità anormale". La polizia ha detto che è stato "il più grande caso di furto di energia negli ultimi anni".

Sorveglianza su Larga Scala

È un fatto ben noto che la Cina esercita una censura su larga scala su Internet. A tal fine il governo utilizza strumenti di sorveglianza su larga scala, come il Great Canon ed il Great Firewall. Questi (ed alcuni altri) possono interferire con il traffico, lanciando attacchi informatici (come, ad esempio, DDoS). Entrambi i sistemi operano principalmente sul traffico in transito tra la Cina ed il resto del mondo. Tuttavia le autorità di regolamentazione controllano anche tutti gli ISP in Cina, il che consente la raccolta e l'analisi del traffico nazionale.

Potenziale Interruzione del Network

Il controllo dell'hashrate del 51% può consentire ai minatori di eseguire un attacco del 51%, il che consentirebbe loro di negare le conferme che portano ad interruzioni del network. In cima a tutto questo i minatori possono altresìe scegliere di causare una doppia spesa invertendo le transazioni.

Potrebbe la Cina attaccare il Bitcoin?

Il documento identifica i potenziali attacchi della Cina "improbabili", ma non ne esclude la "possibilità teorica". Si suggerisce che il paese possa avere quattro motivi per desiderare di estrarre i Bitcoin, nel modo seguente:

Fare una dichiarazione ideologica: Bitcoin si oppone direttamente alla politica centralizzata di governance della Cina.

Le forze dell'ordine: prevenire attività illegali. Avvio di attacchi di de-anonimizzazione contro utenti specifici.

Rafforzare il controllo sul Bitcoin, rafforzato dalla diffidenza del paese nei confronti della criptovaluta.

Prevenzione dei rischi economici: l'impiego del Bitcoin sta progredendo rapidamente. Dato che la criptovaluta sta diventando sempre più integrata nella finanza globale, potrebbe diventare uno strumento in grado di ridurre le economie straniere.

Una Breve Panoramica del Bitcoin in Cina

Bitcoin è entrato in Cina nel 2013. Negli anni a seguire le borse del paese sono cresciuti fino a dominare il mercato mondiale. Nel 2018 "si trova in Cina più hash power rispetto a qualsiasi altro paese".

La posizione ufficiale del Paese sul Bitcoin rimane ambigua. Le autorità di regolamentazione non hanno fatto nulla per istituire controlli severi, nonostante citino preoccupazioni su "attività criminale, sovversione dei controlli sui capitali e rischio speculativo". Hanno tuttavia introdotto una serie di normative che esamineremo brevemente con la presente.

Il primo regolamento è emerso nel dicembre 2013. Ha vietato alle istituzioni finanziarie di acquistare/vendere Bitcoin, ma la criptovaluta non è stata resa illegale. Di conseguenza ai cambi non è stato posto il veto di facilitare gli scambi - purché fossero in linea con le norme sull'antiriciclaggio di denaro.

Non c'è voluto molto tempo prima che i mercati di scambio del Bitcoin del paese trovassero scappatoie. Il caso più comune ha visto le società nazionali chiudere i loro conti con banche commerciali cinesi ed utilizzare sistemi finanziari alternativi.

Dopo un paio di mesi di confusione il mercato dei cambi cinese è riuscito a stabilizzarsi. Le operazioni hanno continuato a sparare all'impazzata, con poca o nessuna interferenza nel corso dei due anni successivi. Nel mese di dicembre 2016 lo scambio CNY comprendeva il 98% dell'attività complessiva di scambio Bitcoin.

Nel 2017 è stata emessa una serie di alert per gli scambi: dovevano rimanere in conformità con la politica del 2013 oppure affrontarne le conseguenze. A seguito degli alert è stata vietata l'offerta iniziale di monete (ICO), con gli ICO che sono stati definiti "dirompenti per la stabilità economica e finanziaria".

Nei mesi successivi gli scambi hanno apportato alcuni miglioramenti alle loro pratiche antiriciclaggio, ma ciò non si è dimostrato sufficiente. Nel mese di settembre 2017, le autorità di regolamentazione hanno ordinato la chiusura dei mercati di scambio.

Le restanti scappatoie (scambi peer-to-peer, vendite over-the-counter e quotazioni estere) sono state bandite all'inizio del 2018. Quest'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso ha visto la ricollocazione degli scambi nazionali, lasciando gli scambi cinesi inferiori all'1% del mercato mondiale.

Fonte:

The Looming Threat of China: an Analysis of Chinese Influence on Bitcoin”, Mireya Jurado, Ben Kaiser & Alex Ledger, arxiv.org, 5 Ottobre 2018.

“Le società cinesi possiedono le più grandi società di estrazione”

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